sabato 8 settembre 2012

Sparta, le sue istituzioni e la sua costituzione

Il tema legato alle istituzioni Spartane viene considerato in due distinti modi diversi, quello legato al pubblico governo dello Stato mentre la seconda riguarda la vita privata dei cittadini.
Il governo di Sparta (Monarchico, Aristocratico e Democratico) era amministrato da due re, da un senato, dagli Efori e dal popolo.
Il potere dei due re di Sparta comunque era assai limitato, essi erano due uomini chiave del Senato in periodi di pace e non possedevano alcuna libertà per se stessi in alcun affare pubblico, essendo praticamente determinato dalla pluralità delle voci in Senato.


Di contro, in tempo di guerra rivestivano un'assoluta autorità in qualità di generali ma consapevoli e responsabili della responsabilità delle loro azioni.
La legge al contrario dei nostri tristi giorni era uguale per tutti, la loro condotta veniva soggetta ad investigazione e se commettevano reati gravi erano soggetti alle pene come tutti gli altri.

Vediamo un momento di spiegare brevemente la costituzione, nei prossimi passi.
La Costituzione di Sparta è un'opera di carattere politico dello scrittore greco antico Senofonte.
L'autore, ateniese, visse molti anni a Sparta, essendo andato in esilio in seguito alla caduta del regime dei Trenta tiranni ed ebbe così modo di conoscere meglio la città che divenne poi la sua patria d'adozione.
In questo testo si loda la costituzione di Licurgo, per la sua ferrea disciplina, che aveva contribuito a creare la grandezza di Sparta.
Tuttavia, nonostante i pregi di quel sistema politico, contrapposto all'individualismo della costituzione ateniese, nemmeno Sparta fu immune dalla generale decadenza delle città greche, seguita alla fine della Guerra del Peloponneso. Secondo Senofonte, a determinare il declino della città lacedemone sarebbe stata la progressiva sostituzione della morigeratezza, della temperanza e della continenza con l'amore per le ricchezze e per il lusso nei desideri e nei gusti degli spartani; in questo modo, erano venuti meno ai loro principî originari di obbedienza e subordinazione degli interessi del cittadino a quelli dello stato, che costituivano la base dell'ordinamento politico di Licurgo.

Licurgo (IX secolo a.C. – VIII secolo a.C.) è stato, secondo la tradizione di Sparta, il suo principale legislatore.
Difficile dire se Licurgo sia esistito veramente, se fosse visto come uomo ed eroe storico, poi successivamente divinizzato, oppure che sia stato, per i Greci, un Dio prima eroicizzato come uomo e poi decaduto come divinità.
Gli unici dati sicuri su Licurgo sono quelli relativi all'esistenza di un santuario a lui dedicato nel II secolo d.C. e la pratica, ai tempi diffusa a Sparta, di fare ogni anno sacrifici in suo onore.

Approfondiamo ora il discorso sulle classi sociali ed i mitici Spartani.
Sparta, come tutte le poleis greche (Con il termine polis si indica una città stato della Grecia antica), sin dal principio fu una monarchia, con la particolarità di avere due re (diarchia), appartenenti a due distinte dinastie. Secondo la leggenda, il legislatore Licurgo, conservando l'istituto monarchico, introdusse le altre forme caratteristiche della costituzione spartana. Per Aristotele, Sparta era la più democratica delle città greche, in quanto quella che spesso viene definita l'oligarchia che governava la città, era formata in realtà da tutti i cittadini, ossia gli Spartiati, cioè i discendenti dei Dori che occuparono la Laconia e sottomisero i Messeni.

L'Apella era l'assemblea di tutti gli spartiati che avevano compiuto trent'anni. Si riuniva una volta al mese, eleggeva gli efori e i membri della gherusia, approvandone o respingendone le proposte.
La Gherusia, che era composta dai due re ed altri 28 componenti, eletti a vita tra gli spartiati di almeno sessanta anni, curava i rapporti con gli altri Stati, stipulava i trattati e faceva le leggi. Gli Efori erano cinque e controllavano l'applicazione delle leggi, il comportamento dei cittadini, l'amministrazione della giustizia e l'operato dei Re-sacerdoti.
Nel tempo le attribuzioni dell'apella (alla quale anticamente competeva anche l'iniziativa legislativa) furono sempre più limitate a favore della gherusia e il controllo da parte degli efori privò i re di molto del loro potere.

Le terre furono divise in parti eguali, ogni lotto veniva assegnato alla nascita a ogni spartiate e coltivato dagli iloti, gli stessi ex coltivatori laconi e poi messeni resi schiavi, di proprietà dello Stato. Tali primitivi appezzamenti erano inalienabili, perché rimanevano di proprietà dello Stato, e ogni cittadino spartano aveva così la garanzia di indipendenza economica, equivalente al godimento dei diritti politici e al riconoscimento di «uguaglianza» con gli altri concittadini: gli Spartani liberi - gli Spartiati - si definivano infatti gli homòioi, gli eguali (anche se ciò si basava solo sull'uguaglianza politica e non su quella economica).
Tuttavia le nuove terre conquistate potevano essere oggetto di commercio e negli Spartiati sussistevano differenze anche notevoli di condizione economica.
Sollevati dal lavoro produttivo, erano tenuti a dedicare il proprio tempo e il proprio denaro solo alle armi e ai sissizi, i banchetti comunitari. Chi non fosse stato in grado di sostenere quest'onere avrebbe perduto i diritti di cittadinanza.

Per essere spartani occorreva soddisfare un insieme di condizioni.
In primo luogo occorreva che entrambi i genitori appartenessero a famiglie spartiati. Coloro che erano nati da un padre spartiate e una madre di condizione ilotica erano detti motaci: essi godevano di alcuni privilegi, come la possibilità di ricevere la stessa educazione dei cittadini di pieno diritto e il poter essere ammessi occasionalmente ai sissizi, ma erano privi dei diritti politici.
Secondo il mito greco, tramandatoci dallo storico Plutarco, i bambini nati da entrambi genitori spartiati venivano esaminati dagli anziani e, se non giudicati idonei fisicamente, abbandonati a morire sul monte Taigeto. Tuttavia questa teoria non è supportata da scavi archeologici ed è stata smentita dallo studio dell'antropologo Tehodoro Pitsios della Facoltà di Medicina di Atene, il quale ha appurato che tutti i resti umani ritrovati nell'area del monte appartenevano a individui di sesso maschile di età compresa tra i 18 e i 35 anni. Per divenire effettivamente cittadini bisognava percorrere con successo l'iter educativo previsto. Infine, come abbiamo visto, per rimanere nella condizione di cittadino di pieno diritto occorreva avere un livello di reddito che consentisse di adempiere i propri obblighi: chi non riusciva a soddisfare questa condizione veniva retrocesso tra gli hypomeiones (inferiori), cittadini di seconda classe che, come i motaci, avevano alcuni diritti ma non quelli politici.

Gli Spartiati, fin dai sette anni, si dedicavano esclusivamente agli esercizi militari, compiuti in un regime di vita comunitario; a diciannove anni erano ammessi nell'esercito, divenendo opliti e a trenta potevano costituirsi una famiglia, continuando l'addestramento militare fino a sessant'anni. In questo modo riuscirono a costituire un esercito professionale, il più forte e disciplinato di tutta la Grecia, fino alla perdita della Messenia, il lavoro dei cui schiavi aveva reso possibile a ogni Spartano un regime di addestramento a tempo pieno.

Un ruolo importante nella classe degli spartiati era esercitato dalle donne; spettava infatti a loro la conduzione dell'economia familiare, per la quale agli uomini mancava il tempo e probabilmente la competenza: spettava in particolare alle donne sorvegliare e dirigere il lavoro degli iloti, dal quale dipendeva lo stato economico della famiglia.

venerdì 7 settembre 2012

La mia visione della storia


Buon giorno a tutti, primo post di questo mio blog che esplorerà la storia con metodi convenzionali e non, grazie ai mezzi che la rete gentilmente ci mette a disposizione come ad esempio testi, video, immagini, musica e quant'altro.
In ogni modo spero gradirete, la mia visione personale della storia per come la si conosce.
Sono sempre stato affascinato da questo argomento ma per un motivo o per l'altro non ho mai approfondito la mia conoscenza su di esso, credo di essere pronto per questo viaggio tortuoso ed immensamente magnifico tra  gli infiniti rami della la storia, magari con la vostra gentile compagnia.
Andiamo a spiegare nel dettaglio, cosa rappresenti e cosa sia la Storiografia (il metodo storico), il nostro metro di conoscenza (il mezzo che ci permette di analizzarla al meglio).

Il metodo storico consiste di tutte quelle tecniche e quelle linee guida con le quali gli storici usano le fonti primarie ed altre testimonianze per ricercare e quindi scrivere la storia.
Una operazione storiografica, volta a "setacciare" le affermazioni valide storicamente dal campo più vasto delle affermazioni, è indispensabile per poter elaborare un 'vero discorso del passato'. Questo discorso viene inevitabilmente prodotto da una rigida osservanza di un metodo stabilito.
In altre parole, la stessa verità storica può essere considerata un effetto del metodo di produzione storiografica.

Nella Grecia antica esistevano i "Logògrafoi" (letteralmente scrittori di discorsi), autori di narrazioni che solitamente raccoglievano la storia di aree ristrette come città o piccole regioni (il primo dei quali fu Ecateo di Mileto): questo tipo di storie comunque aveva basi confuse e miste al mito, tanto da non poter essere considerate propriamente didattiche.

Erodoto di Alicarnasso (484 a.C. – 425 a.C. circa) generalmente viene considerato il "padre della storia". Tuttavia, è al suo contemporaneo Tucidide (460 a.C. circa – 400 a.C. circa) che viene attribuito il merito di aver avuto per primo un approccio scientifico nei confronti della storia, nella sua opera Guerra del Peloponneso.
Tucidide infatti, a differenza di Erodoto e di altri storici religiosi, considerava la storia come il prodotto delle scelte e delle azioni degli esseri umani, valutando le cause e gli effetti, piuttosto che come il risultato dell'intervento divino.
Con il suo metodo storico Tucidide mise in rilievo la cronologia, un punto di vista neutrale, e tenne sempre in considerazione il fatto che il mondo umano fosse il risultato delle azioni degli esseri umani. Inoltre gli storici greci vedevano la storia come fosse ciclica, con gli eventi che si ripresentavano regolarmente.

Al di fuori dell'Europa, erano presenti (ad esempio nella Cina antica e "medievale") tradizioni storiche e un uso sofisticato del metodo storico. Il fondamento per una storiografia professionale nell'Asia orientale venne stabilito dallo storico di corte della Dinastia Han noto come Sima Qian (145 – 90 a.C.), autore dello Shiji (Memorie di uno storico). Per la qualità della sua opera scritta senza tempo, Sima Qian è noto postumamente come il Padre della storiografia cinese. Gli storici cinesi di periodi dinastici seguenti in Cina utilizzarono il suo Shiji come formato ufficiale per i testi storici, così come per la letteratura biografica.

All'inizio del periodo medievale Sant'Agostino fu influente per il pensiero del Cristianesimo e, più in generale, per quello occidentale. Nel corso del Medioevo e del Rinascimento, la storia venne spesso studiata attraverso una prospettiva sacra o religiosa. Verso il 1800, il filosofo e storico tedesco Georg Wilhelm Friedrich Hegel inserì la filosofia ed un approccio più secolare allo studio storico.

Nella prefazione al suo libro intitolato Kitab al-ibar (Il libro degli esempi), la Muqaddima, lo storico e sociologo maghrebino Ibn Khaldun ha messo in rilievo i sette errori che pensava che tutti gli storici commettessero con regolarità.
In questa critica, si avvicinò al passato come fosse misterioso e necessitasse di interpretazione. L’originalità di Ibn Khaldun fu quella di affermare che la differenza culturale di un periodo diverso dal proprio deve regolare la valutazione del materiale storico rilevante, quella di distinguere i criteri secondo cui sarebbe possibile cercare la valutazione, ed infine, quella di sentire il bisogno dell’esperienza, in aggiunta ai criteri razionali, in modo da valutare alla prova della razionalità una cultura del passato.

Altri storici di nota che hanno proposto metodi di studio storici sono Leopold von Ranke, Lewis Bernstein Namier, Geoffrey Rudolph Elton, George Macaulay Trevelyan, A.J.P. Taylor e Ram Sharan Sharma. Nel XX secolo, gli storici si sono focalizzati meno su narrazioni epiche e nazionalistiche, che spesso tendevano a glorificare la nazione o gli individui, e più su cronologie maggiormente realistiche. Alcuni storici francesi hanno introdotto la storia quantitativa, usando una gran mole di dati per tracciare i profili delle vite degli individui tipici, e hanno avuto un ruolo prominente nella creazione della storia culturale (cfr. histoire des mentalités).
Gli storici statunitensi, spinti dall’era dei diritti civili, hanno posto la loro attenzione su gruppi etnici, razziali e socio-economici precedentemente non presi in esame. Nel suo libro In Difesa della Storia”, Richard J. Evans, un professore di storia moderna all’Università di Cambridge, ha difeso il valore della storia.

Buona permanenza e buona lettura a tutti, spero apprezzerete il mio modo di vedere la storia o meglio...Mea sententia history.